La clamorosa novità di Amazon ha lasciato a bocca aperta moltissime persone, ma il celebre colosso dell’e-commerce rimane fermo sulla sua decisione.
Amazon è un’azienda di commercio elettronico statunitense con sede a Seattle nello stato di Washington. È la più grande Internet Company al mondo.
Recentemente, Time Magazine ha proclamato Jeff Bezos, fondatore dell’azienda, Uomo dell’anno nel 1999, a riconoscimento del successo di Amazon nel rendere popolare il commercio elettronico.
La svolta epocale per Amazon
Come riporta Il Manifesto, questa svolta viene chiamata “effetto frusta” e sta spingendo Amazon a licenziare 18 mila persone nei negozi e nelle divisioni “People, Experience and Technology”. I tagli saranno annunciati ufficialmente il 18 gennaio.
L’amministratore delegato Andy Jassy lo ha scritto ai propri dipendenti in una mail. Saranno ottomila in più rispetto ai 10 mila di novembre 2022. E si è anche parlato di 80 mila licenziamenti tra i lavoratori assunti a termine. Tra la pandemia del Covid nel 2020, e il rimbalzo economico provocato dalla fine dei lockdown, Amazon ha potuto contare su 1 milione e 540 mila assunti in tutto il mondo. Due anni dopo è arrivato il colpo di frusta. Si è abbattuto sull’immenso conglomerato di attività materiali e immateriali, magazzini e logistica dell’ultimo miglio, produzione di software e serie Tv. E, come in Facebook, anche qui sono iniziati i licenziamenti.
Ecco la novità del 2023
Nel 2022 il Nasdaq, l’indice della borsa dei titoli tecnologici negli Stati Uniti, è crollato del 30 per cento. S&P, uno dei fari di Wall Street che raggruppa i titoli più “tradizionali” è diminuito solo del 15 per cento. È un segnale ricorrente in un capitalismo dove la valutazione di borsa è disconnessa da quella reale.
Tuttavia colpisce al cuore un sistema basato sulla capacità di attrarre capitali e sull’aumento continuo dei prezzi delle azioni. Tutto si basa sull’hype, cioè la fascinazione pubblicitaria dell’innovazione tecnologica. È questo che cercano i finanziatori. È questo che danno i capitalisti delle piattaforme.
I nuovi leviatani restano enormemente ricchi. Ma anche le divinità capitaliste hanno perso l’immunità e sono esposte alle congiunture. Lo sono sempre state, in realtà. La policrisi sta facendo a pezzi le mitologie dell’automazione totale che hanno spianato la strada a queste aziende e hanno colonizzato l’immaginario con le distopie tecnologiche, le teorie totalitarie del potere e le apocalissi della fine del mondo. I tre pilastri dell’impotenza organizzata in cui viviamo.
Stiamo invece parlando di una fase matura, e di una crescita debole, del capitalismo digitale. Sarebbe già questo un modo per recuperare il senso di una storia, fare una critica dell’economia politica e non merchandising a mezzo stampa.