Grazie ad un recente studio pubblicato dalla Fondazione Veronesi, emerge una importante novità su uno dei problemi che affligge ogni anno milioni di italiani: l’emicrania.
L’emicrania costituisce una delle malattie più diffuse in tutto il pianeta, con una netta prevalenza al femminile e nella fascia di età sotto i cinquant’anni. Infatti, ne soffrono circa un miliardo di persone nel mondo e sei milioni nel nostro Paese.
Di nuove opportunità terapeutiche contro l’emicrania si è discusso nel corso del 52esimo Congresso nazionale della Società italiana di neurologia e, secondo la ricerca, potrebbe essere affiorato un dato davvero importante.
Ecco quale impatto ha l’emicrania sul nostro corpo
Antonio Russo, responsabile del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, ha spiegato quali sono le conseguenze di questa malattia e quali novità sono venute fuori dalle ultime ricerche.
“Si tratta di una patologia che fortemente impatta sulla gestione della vita di tutti i giorni ed è addirittura ritenuta, e non a caso, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la seconda malattia più debilitante del genere umano. La ragione sta nel fatto che comporta notevoli ripercussioni quotidiane. Soffrire di emicrania significa infatti avere a che fare con attacchi più o meno frequenti e del tutto imprevedibili. Vuol dire vivere per almeno tre giorni di fila (questa la durata media di una crisi emicranica) con un mal di testa pulsante, accompagnato da nausea, vomito e intolleranza alla luce e ai rumori. Vuol dire vivere con l’ansia di incappare in questo vortice di dolore e fastidi che impediscono il normale svolgersi delle attività lavorative, che rendono più difficoltosa la convivenza coi familiari e in genere la dimensione sociale“.
Le novità sui farmaci contro l’emicrania
“Per la cura dell’emicrania vengono normalmente utilizzati farmaci mutuati da altre branche della medicina e quindi farmaci nati come terapia per altre patologie. Nello specifico si usano antipertensivi, antiepilettici e antidepressivi. Si tratta però di medicinali gravati da effetti collaterali e da una conseguente resistenza personale nell’assunzione. Altissima è quindi la quota di interruzione del trattamento che arriva addirittura all’80%. Recentemente però sono state introdotte altre molecole messe appositamente a punto per la cura dell’emicrania, come la tossina botulinica, in grado di prevenire gli attacchi in coloro che soffrono di emicrania cronica, e anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina, fortemente legato al dolore emicranico)“, prosegue Russo.
Infine, possono essere utilizzati alcuni anticorpi monoclonali utili per la cura dell’emicrania: “Attualmente abbiamo a disposizione tre tipi di anticorpi monoclonali per il trattamento dell’emicrania e sono: galcanezumab e fremanezumab, che agiscono contro il CGRP stesso, e l’erenumab che è l’unico che invece antagonizza il recettore. A questi si aggiungerà a breve un altro anticorpo monoclonale: eptinezumab, indicato per la profilassi dell’emicrania negli adulti, con almeno 4 giorni di emicrania al mese, a somministrazione endovenosa”.