Dal 2020 il mondo ha avuto un cambiamento storico con l’avvento della pandemia dal Covid-19. Sono 2 anni che le abitudini e la vita di quasi tutto il pianeta sono state inevitabilmente modificate, mentre la medicina continua a studiare un virus che sembra essere in continua mutazione. Ma mille domande ancora ci sono, tra le quali “quanto resta il Virus nel corpo?”
La media di guarigione, o meglio dell’avvenuta negatività rispetto al virus, è di circa 10 giorni. Ma uno studio ha confermato che in molti pazienti il virus in realtà non scompare.
“Nonostante la maggior parte delle persone non sviluppi il long COVID, questo rimane comunque un rischio, e il COVID non finisce 10 giorni dopo l’esito positivo del test. Per chi non prende seriamente questa malattia, questa incognita può fare molta differenza“, ha dichiarato Timothy Henrich, virologo e immunologo presso l’Università della California a San Francisco, come riportato da un articolo uscito su National Geographic.
Secondo una ricerca recente, solo negli Stati Uniti le vittime del long COVID sono attualmente tra 7,7 e 23 milioni di persone. Il nuovo studio, condotto alla Northwestern University Feinberg School of Medicine, ha analizzato 2.518 pazienti di COVID-19 che sono stati ricoverati presso le strutture sanitarie Northwestern Medicine tra marzo e agosto 2020.
Batra e il suo team hanno iniziato a studiare le infezioni persistenti da coronavirus dopo aver osservato che alcuni pazienti che venivano ricoverati risultavano nuovamente positivi al virus, quattro o cinque settimane dopo aver ricevuto la diagnosi di prima infezione.
Basandosi su test molecolari (PCR), quelli che rilevano il materiale genetico del virus e più affidabili, i dati hanno riscontrato che la persistenza del virus potrebbe anche avere un ruolo nel long COVID, la debilitante sintomatologia che può durare mesi. “I dati indicano che i pazienti che risultano più volte positivi al test molecolare (PCR) presentano poi esiti peggiori“, afferma Ayush Batra, neurologo presso la struttura dove è stato fatto lo studio.
Batra e il suo team hanno iniziato a studiare le infezioni persistenti da coronavirus. “Il fatto che viene rilevato l’RNA virale significa che ci sono delle ‘riserve’ di virus da qualche parte nell’organismo. Si ritiene che tali riserve consentano la persistenza del virus per lunghi periodi di tempo, innescando reazioni anomale del sistema immunitario, e causando – forse – il long COVID“, ha spiegato Michael VanElzakker, neuroscienziato affiliato al Massachusetts General Hospital, alla Harvard Medical School e alla Tufts University.
I vaccini risultano efficaci per la prevenzione di molti sintomi del long COVID. Uno nuovo studio ha messo a confronto 1,5 milioni di pazienti COVID-19 non vaccinati con 25.225 pazienti vaccinati con infezioni breakthrough, ed è stato rilevato che i vaccini hanno notevolmente ridotto il rischio di sviluppare sintomi di long COVID, mentre l’effetto protettivo della vaccinazione si è mostrato ancora maggiore a 90 giorni dall’infezione.