Dopo la pandemia, pochissimi adolescenti si godono la giornata a pieno con i propri amici. Molti giovani, specialmente ragazzi minorenni, hanno trovato rifugio nel web e preferiscono chattare assiduamente per diverse ore, piuttosto che uscire e viversi la loro spensieratezza. In Italia, l’età minima per iscriversi ed accedere ai social network è di 14 anni.
“L’allarme dell’online” è un pericolo che sta prendendo sempre più forma, specialmente nell’ultimo decennio. Andiamo a vedere di cosa si tratta e quando viene usato dai giovani.
“Il fenomeno è sempre più frequente. Alla base c’è proprio questo desiderio di rimanere sempre connessi e di comunicare costantemente con gli altri. Essendo impossibile mantenere rapporti sociali di persona, gli adolescenti hanno dovuto ripiegare sugli strumenti che gli offriva la tecnologia. Spostare la socialità tutta su un contenitore online denota una difficoltà ad avere rapporti con gli altri: molte ragazze e ragazzi preferiscono restare online perché hanno la sensazione di avere un maggiore controllo della situazione.” A parlarne è la psicologa e psicoterapeuta Maria Claudia Biscione.
Questo fenomeno è un modo per i giovani di evadere dai propri genitori e di prendersi le proprie libertà, soprattutto di notte. Infatti il vamping, cosi soprannominato per la prima volta dal New York Times nel 2014, consiste nel chattare continuamente fra adolescenti, giocare online o scambiarsi foto e video, perdendo completamente la cognizione del tempo e quindi anche il sonno.
“La deprivazione di sonno può comportare oltre che una fisiologica stanchezza anche a effetti come una maggior irritabilità o un calo di attenzione. Si sfasano completamente i ritmi sonno veglia e questa stanchezza emotiva oltre che fisica può portare anche alla depressione. In alcuni casi ci sono stati dei tentativi di suicidio, casi di adolescenti che vivevano con un senso di alienazione totale“, continua la psicologa.
Il ruolo dei genitori in questi casi è di fondamentale importanza. Esseri severi e sequestrare il cellulare del proprio figlio, non è mai una buona idea e molto spesso può essere controproducente. La soluzione ideale sarebbe quella di parlare al proprio ragazzo e di aprire un dialogo, cercando di capire i problemi del giovane e, se possibile, capirne anche la causa. La comunicazione, comunque, rimane il miglior metodo con cui affrontare questo tipo di situazioni.