E’ stato il protagonista di una delle battaglia più famose in ambito di alimentazione degli ultimi anni. Parliamo dell’olio di palma, contro il cui utilizzo è stata fatta una vera e propria crociata, come molti ricorderanno. Ora però l’allarme sembra essere tornato. Vediamo cosa sta succedendo sulle nostre tavole.
L’olio del frutto della palma e l’olio di semi di palma sono degli oli vegetali, prevalentemente costituiti da trigliceridi con alte concentrazioni di acidi grassi saturi, ricavati dalle palme da olio. Proprio queste caratteristiche e il basso costo, ha visto il suo utilizzo crescere nell’industria alimentare.
L’allarme arriva da Bloomberg Businessweek. Negli ultimi anni si è cercato di trovare opzioni sostenibili come alternative all’olio di palma, il prodotto derivato dalla palma da olio, la cui coltivazione ha portato alla distruzione delle foreste pluviali nel sud-est asiatico, compreso l’habitat critico per gli oranghi in via di estinzione. Ora però la guerra in Ucraina sta mettendo in serio pericolo questo impegno virtuoso.
Il conflitto sta interrompendo più della metà della fornitura globale di olio di girasole, un sostituto dell’olio di palma che si trova in patatine, biscotti e burro di noci, e i produttori di beni di consumo stanno invertendo la rotta. Ad esempio le catene di supermercati nel Regno Unito, dopo gli sforzi per abbandonare l’olio di palma, sono state costrette a invertire il senso di marcia.
Insieme, Russia e Ucraina forniscono circa il 65% dell’olio di girasole mondiale, il 25% del grano, il 20% dell’orzo e il 18% del mais. Il conflitto ha innescato problemi di trasporto, ritardi nel raccolto e un aumento dei costi dei fertilizzanti, che hanno portato i prezzi del cibo a livelli record e hanno reso i prodotti di base come pane, carne e oli da cucina più costosi in tutto il mondo.
Alcuni produttori alimentari, invece di evitare del tutto l’olio di palma, scelgono di acquistare solo da fornitori le cui fattorie si impegnano contro la deforestazione e a nessuna nuova bonifica, oltre e combattere il lavoro forzato o vincolato. Nestlé ad esempio, ha affermato che fornirà solo olio di palma sostenibile certificato entro il 2023, e che non si piegherà su tale impegno nonostante la carenza di olio di semi.