Dimissioni senza preavviso, ecco che succede e le conseguenze per dipendente e lavoratore

La pandemia scoppiata nel 2020 ha segnato una linea di demarcazione storica, una sorta di anno zero. Quello che è successo è un evento unico nella nostra storia, e molti aspetti della vita di tutti hanno subito cambiamenti, e per moltissime persone ha rappresentato un cosiddetto punto di non ritorno.

I dati del ministero del lavoro relative al secondo trimestre del 2021, portano alla luce una crescita notevole, rispetto agli anni precedenti, del numero di dimissioni dei dipendenti. Secondo la ricerca, tra aprile e giugno 2021 si sono registrate quasi 500mila dimissioni (290mila uomini e 190mila donne), con un aumento del 37% rispetto ai tre mesi prima, e addirittura dell’85% rispetto all’anno precedente.

Dimissioni volontarie
Dimissioni volontarie (Fonte web)

Il 70% delle dimissioni arrivano dalla fascia 26-35 anni, seguita da quella fino ai 45 anni, lavoratori impiegati in oltre 80% dei casi, e residenti al Nord Italia. Secondo le agenzie del lavoro, moltissime delle persone che cercano un nuovo lavoro, sono attualmente impiegate. I motivi quindi delle dimissioni, sono legate alla necessità di cambiare tipologia di lavoro (complice lo smart working e lo stop della pandemia del 2020), e migliorare le condizioni economiche.

Che succede se un dipendente si licenzia in tronco

Nel 75% dei casi, le aziende si dicono colte di sorpresa rispetto al licenziamento in tronco di un proprio dipendente. Il periodo di preavviso è stabilito dal contratto collettivo applicato dall’azienda, e come specifica il sito specializzato Lavoro e Diritti, “durante il preavviso il rapporto continua normalmente: il dipendente presta la sua attività e il datore gli eroga la retribuzione. Tuttavia, il preavviso può non essere lavorato per scelta dell’azienda o del lavoratore, con conseguenze economiche diverse a seconda di chi prende questa decisione“.

Se il dipendente si dimette in tronco senza rispettare il periodo di preavviso prestabilito, l’azienda può trattenere dall’ultima busta paga l’importo relativo al periodo non lavorato, come potrebbe decidere di non farlo se non comporta problemi organizzativi.

Busta paga (Fonte web)
Busta paga (Fonte web)

Le dimissioni per giusta causa (es. il mancato o ritardato pagamento della retribuzione, il mobbing o le molestie sessuali da parte del datore), permettono al lavoratore di non rispettare il preavviso. Nei contratti a tempo determinato il dipendente può dimettersi prima della scadenza del termine soltanto per una giusta causa, ma non è tenuto a rispettare il periodo di preavviso.

Nel periodo tutelato (durante il quale non si può essere licenziati), non devono rispettare il preavviso di licenziamento categorie come le donne in gravidanza e i padri in congedo paternità – entrambi fino a 1 anno di età del bambino – lavoratori in congedo parentale o per malattia dei figli, per matrimonio (dalla data delle pubblicazioni fino a 1 anno dalla data delle nozze). Anche le dimissioni incentivate (in cui un accordo con l’azienda porta il lavoratore a dimettersi), e le dimissioni nei periodi di prova, non contemplano alcun preavviso di licenziamento.

Che succede se il datore di lavoro riceve dimissioni senza preavviso da parte del lavoratore? L’azienda può scegliere di rifiutarne il preavviso. Come ricorda il portale, “In questo caso le ipotesi sono: se il lavoratore non accetta la decisione aziendale ha diritto alla retribuzione per il periodo di preavviso nel corso del quale offre la sua prestazione;
se il lavoratore accetta la decisione aziendale, salvo diversa disposizione del contratto collettivo o della lettera di assunzione, il datore deve riconoscergli l’indennità sostitutiva del preavviso. Questa è pari alla retribuzione che gli sarebbe spettata se avesse lavorato tra la comunicazione delle dimissioni e l’ultimo giorno di rapporto

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