Dopo aver confessato l’omicidio della figlia Elena, la bambina di 5 anni morta in provincia di Catania per le ferite da coltello da cucina, Martina Patti nell’interrogatorio non ha saputo spiegare il motivo del delitto. Secondo gli psichiatri, a scatenare la furia omicida potrebbe essere il complesso di Medea. Vediamo di cosa si tratta e come riconoscerlo.
Elena del Pozzo avrebbe compiuto 5 anni a luglio, ma la madre ha deciso di ucciderla e nascondere il corpo in un vicino terreno di campagna abbandonato.
Il delitto è stato commesso dopo che la donna ha preso la bambina all’asilo, mentre era sola in casa. Ore prima, aveva messo in scena e denunciato il rapimento della bambina.
Gli inquirenti hanno spiegato che “Il corpicino della bambina, all’esito dell’ispezione medico legale, ha evidenziato molteplici ferite da armi da punta e taglio alla regione cervicale e intrascapolare“, ma al momento l’arma non è stata trovata.
“Ogni anno in Italia vengono uccisi da un genitore circa 25 bambini. Tra le pareti di casa possono esserci abusi, violenze e non sempre riusciamo a percepirli”. A fornire questi dati è Claudio Mencacci, direttore emerito del Dipartimento di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano.
Che succede con il complesso di Medea
A proposito del delitto di Catania, lo psichiatra spiega “È possibile che la donna abbia agito sulla base di quello che viene definito “complesso di Medea”, un impulso omicida che ha come obiettivo finale la sofferenza dell’ex compagno“. Per questo il medico non pensa sia stato provocato da un raptus “Parlerei piuttosto di intenzionalità non premeditata. Ora si dovrà capire se la donna abbia un disturbo di personalità borderline, ma possiamo presumere — anche stando alle parole dei familiari — che ci fosse una sorta di abitudine al maltrattamento nei confronti della figlia, unita a forte tensione emotiva“.
Il complesso di Medea – che prende il nome da una delle tragedie greche di Euripide, in cui la figlia della Maga Circe uccide i figli di Giasone per vendetta nei suoi confronti – in psicanalisi, è definito come il desiderio materno di uccidere i propri bambini, ed il motivo è per lo più costituito da sentimenti di odio per il padre dei bambini.
Secondo Mencacci “Drammi come questo nascono da contesti complessi che si costruiscono nel tempo e di cui non vengono intercettati i segnali“, e parlando della bambina, non esclude che “possano essere arrivati segnali di malessere, evidentemente non colti. Martina Patti avrebbe dovuto curare il proprio discontrollo della rabbia“.
Lo psichiatra sottolinea l’importanza di lavorare su interventi sociali “Nel nostro Paese, ai Servizi di salute mentale viene destinato il 3,2% del Fondo sanitario, contro la media del 10% nei Paesi europei ad alto reddito. Andrebbe creata un’Agenzia nazionale che coordini gli interventi di prevenzione per la salute mentale, a partire dalle donne incinte e gli adolescenti“.