L’enciclopedia Treccani definisce la parola Bilinguismo come “la capacità che ha un individuo, o un gruppo etnico, di usare alternativamente e senza difficoltà due diverse lingue“. E’ importante conoscere cosa accade al cervello di un bilingue, soprattutto perché può.
La lingua è certamente un fattore legato all’identità, alla cultura. Nasciamo parlando una lingua cosiddetta “madre”, che a volte diventano due.
E’ riconosciuta la maggiore possibilità di apprendimento di una lingua straniera sin da piccoli. Ma vediamo cosa accade nel cervello di un bilingue.
Falsi miti sul bilinguismo
“Parlando con i miei studenti delle loro esperienze d’infanzia, ho scoperto che molti di loro erano stati scoraggiati dal parlare due lingue durante la crescita. Questo era basato su una percezione sbagliata che così facendo si sarebbe ritardato lo sviluppo”. Queste le parole della Prof.ssa Yang Hwajin, psicologa cognitiva e dello sviluppo della Singapore Management University (SMU), riportate dall’associazione Alzheimer Riese. Negli anni sessanta, infatti, il bilinguismo era legato a deficit cognitivi, livelli bassi di QI e addirittura deficit mentali. Tesi confutate dai recenti studi, come spiega la Yang “Quello che abbiamo trovato negli ultimi tre decenni, è che il bilinguismo ha un impatto notevole sulla funzione cognitiva, sul modo in cui pensiamo, prendiamo decisioni, percepiamo le cose, troviamo soluzioni e così via”.
A supporto degli ultimi studi, guardiamo lo schema nella foto, che rappresenta l’invecchiamento cerebrale di un monolingue e un bilingue. Nel monolingue, l’invecchiamento è associato ad un aumento del ricorso alle regioni frontali – secondo l’ipotesi PASA. Nei bilingui, l’invecchiamento cerebrale mostra una conservazione delle regioni posteriori (compresa la corteccia temporale e parietale), così come una maggiore connettività tra le aree frontali e posteriori, generando riserva cognitiva.
Il bilinguismo quindi, aiuta a potenziare le funzioni del cervello, e ritarda l’insorgenza della demenza o dell’Alzheimer. “Ero interessata ai fattori che influenzano tale controllo esecutivo, in quanto possono a loro volta formare le nostre prestazioni sul lavoro, a scuola, e in altre parti della nostra vita. Dopo tutto, le funzioni cognitive più cruciali influenzano la nostra vita in vari ambiti, indipendentemente dall’età”, spiega infine la ricercatrice.