Proprio nelle ultime ore è arrivata la sentenza della Cassazione che ha stabilito la condanna di Fabrizio Miccoli, ex calciatore di Serie A
Negli anni duemila si è distinto sul terreno di gioco per merito delle sue strabilianti qualità tecniche. Nato in provincia di Lecce nel 1979, Fabrizio prima di approdare nella massima Serie ha dovuto fare la gavetta, nonostante abbia trascorso qualche tempo anche tra le fila delle giovanili del Milan.
Successivamente ha militato nei due club delle città capoluogo dell’Umbria, prima alla Ternana e poi per una stagione anche al Perugia. È grazie a quest’ultima esperienza che la Juventus ha messo gli occhi su di lui, accaparrandoselo nell’estate del 2003.
Probabilmente quello è stato il periodo migliore della sua carriera, durante il quale è riuscito anche a debuttare con la Nazionale di calcio italiana. Ha vestito la maglia azzurra per un totale di dieci volte, mettendo a segno due realizzazioni.
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Miccoli ha appeso gli scarpini al chiodo nel 2015. All’epoca tuttavia, i guai giudiziari che ancora oggi lo perseguitano si erano già affacciati. Due anni prima infatti, gli è stato consegnato un avviso di garanzia dalla Procura di Palermo per il reato di tentata estorsione.
La sua immagine fu gravemente danneggiata a causa della famosa intercettazione telefonica con un figlio di un boss mafioso in cui offese pesantemente il magistrato italiano Giovanni Falcone, arrivando ad apostrofarlo come un “fango”. Nonostante le successive scuse che l’ex calciatore ha pronunciato sia a voce che attraverso una lettera pubblicata sui giornali, a distanza di anni il suo nome viene ancora accostato a questa spiacevole vicenda.
Nell’aprile del 2015 è finito sotto indagine per estorsione aggravata dal metodo mafioso, avendo provato a recuperare dei crediti che spettavano ad un suo conoscente con l’aiuto di un figlio di un noto boss siculo. Anche se lui ha sempre negato di essere a conoscenza delle parentele di quest’ultimo, Miccoli è stato condannato in tutti i gradi di giudizio.
La pena che dovrà scontare obbligatoriamente in carcere corrisponde a tre anni e sei mesi, confermati in via definitiva dalla Corte di Cassazione. Arrivati a questo punto, con ogni probabilità si chiude per sempre un brutto capitolo di cronaca, che con il mondo del calcio non c’entra assolutamente nulla.
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