L’attore e regista lombardo ha rivissuto uno dei periodi più brutti della sua vita. Vediamo insieme cosa gli è capitato
Nonostante i tanti successi riscossi durante il corso della sua carriera, per Abatantuono ci sono stati anche alcuni momenti veramente complicati, nei quali si è trovato costretto a tirar fuori tutta la sua determinazione per riuscire a venirne fuori.
Vincitore di tre Nastri d’argento ed un David di Donatello, Diego tornerà presto sul piccolo schermo con una miniserie suddivisa in due episodi. Il titolo di quest’ultima è “Ridatemi mia moglie”, una commedia romantica con regia di Alessandro Genovesi.
Sempre in tv, proprio nella scorsa stagione ha guidato al fianco di Diana Del Bufalo “Enjoy – Ridere fa bene”, una trasmissione di stampo comico andata in onda su Italia 1. Sulle medesime frequenze, in passato ha partecipato anche ad altri programmi, tra cui “Colorado Cafè”, “Scherzi a parte” e “Controcampo”.
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A differenza di molti suoi colleghi, gli esordi di Abatantuono sono stati più che favorevoli, poiché la sua comicità ha riscosso fin da subito dei grandi consensi tra il pubblico. Tuttavia, la sua rapida ascesa ha avuto dei risvolti alquanto inaspettati.
“Non sapevo nulla di quel mondo, a venticinque anni credevo di essere ricco”, ha confessato al Corriere della Sera. È proprio in quel momento però, che Diego fu riportato con i piedi per terra da una notizia durissima: “Il mio manager fece sparire i soldi messi da parte per le tasse”.
A quel punto, l’ attore ha spiegato di essersi rimboccato le maniche: “Per pagare i buffi dovetti fare serate su serate. Mi faceva da road manager Maurizio Totti. Poi io, lui e Gabriele Salvatores fondammo la Colorado, che è diventata una società di produzione importante”.
Al termine di questa intervista, il comico nato a Milano ha svelato un curioso aneddoto: “Nel periodo nero, dicevo, ma tanto per dire: ‘ci vorrebbe che mi chiamasse Pupi Avati’. E così fu. Feci Regalo di Natale e vinsi il Nastro d’ argento. Poi mi vollero Luigi Comencini, Giuseppe Bertolucci, Carlo Mazzacurati…”. La conclusione è dedicata infine al suo unico rimpianto: “Un film mai fatto con Massimo Troisi”, a causa della tragica e prematura dipartita del grandissimo attore partenopeo.
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