L’Italia è un Paese fragile. Solo il 10% dei sismi è stato avvertito. Per la messa in sicurezza servono almeno 26 miliardi
Durante il 2020 in Italia ci sono state 16.597 scosse di terremoto. Le frane e le inondazioni invece si sono verificate in 18 regioni e 109 comuni. Una nazione fragile caratterizzata da montagne che si sbriciolano, foreste minacciate dagli incendi, pianure dove l’uso intensivo di terre in passato fertili ha causato fenomeni di erosione, acidificazione e perdita di habitat, zone costiere a rischio per il dissesto idrogeologico a monte e il sovrasfruttamento dell’acqua a valle.
Secondo i dati registrati dall‘Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) nel 2020 in Italia si sono verificate 45 scosse al giorno con un intervallo di circa mezz’ora. Il 90% di esse sono state di magnitudo inferiore a 2 e molto probabilmente non sono state nemmeno avvertite dalla gente. Le conseguenze di queste scosse comunque possono essere importanti a lungo termine.
Tutti i terremoti del 2020 si possono individuare sulla mappa interattiva e con una story map realizzata dal tema di Ingv terremoti. La Sardegna si conferma la regione con il minor numero di scosse, sono solamente 4.
A risentire maggiormente della frammentazione degli habitat e del consumo del territorio sono le specie animali e vegetali presenti sul territorio italiano. Il 2,2% si è già estinto e il 24.3% rischia di scomparire per sempre.
Per la messa in sicurezza del territorio nazionale, per la prevenzione di alluvioni e frane l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale indica che servono 26 miliardi di euro. Secondo il Rapporto Rendis (Repertorio nazionale per la difesa del Suolo) negli ultimi 20 anni il Ministero dell’Ambiente ha stanziato quasi 7 miliardi per 6 mila progetti.
Secondo i dati diffusi da Polaris, nel 2020 le frane e le inondazioni hanno interessato l’8% del territorio italiano, causando 12 morti, un disperso, 19 feriti gravi e togliendo la casa a 3078 persone.
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Un ruolo cruciale nella protezione del territorio è svolto dalla vegetazione che ricopre le montagne. “La vegetazione, assorbendo e traspirando acqua, costituisce una tappa importante del ciclo idrologico e il suolo forestale è in grado di assorbire e conservare grandi quantitativi di acqua. Il fitto intreccio degli apparati radicali, insieme agli ostacoli creati sulla superficie del terreno dai fusti degli alberi, dalle specie arbustive del sottobosco o da un denso e compatto mantello erbaceo, sono un potente mezzo di controllo dell’erosione.
La vegetazione, proprio come una ‘coperta’, si distende sul terreno e lo protegge. Le foreste d’alta quota, inoltre, hanno un ruolo importantissimo di protezione diretta nei confronti delle valanghe”. Cosi ha spiegato Maria Giulia Cantiani, docente di Ecologia forestale e Pianificazione ecologica del territorio forestale al dipartimento di Ingegneria dell’Università di Trento, al “Corriere della Sera”.
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