Recovery Fund e mafie: il rischio di corrompere l’economia legale

Il procuratore Raffaele Cantone, intervistato dal giornalista esperto di mafie Sergio Nazzaro, ha parlato delle evoluzioni del mafie e del rischio di corruzione con l’arrivo del Ricoveri Fund.

Corruzione e mafia: due termini che si possono confondere e intrecciarsi quanto trovare vita autonoma nella cornice più ampia della realtà criminale. Se la corruzione ha sostituito in certi casi l’intimidazione, è intuitivo comprendere come per la mafia la crisi economica, generata dalla pandemia, crei occasioni viziose per costruire rapporti di fedeltà, come comprare un funzionario implicato nell’economia legale e nella politica nazionale.

A tal proposito il giornalista Sergio Nazzaro ha intervistata per l’Eurispes Raffaele Cantone, magistrato, saggista ed accademico. Dopo aver prestato servizio nella Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, lavora all’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione dal 2014 al 2019. Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione dal 2014 al 2019, è nominato nel 2020 CMS Procuratore della Repubblica a Perugia.

Raffaele Cantone ha potuto confrontarsi anche con il pericolo di quei mafiosi che in seguito al periodo di detenzione ritornano sul territorio come nel caso dei clan dei Casalesi, di Torre di Mondragone, oggetto di inchieste di cui si è occupato personalmente. In questa situazione, il capitale sociale, la rete con cui ogni individuo può determinarsi economicamente e socialmente, assurge un ruolo principe nella strategia dei soggetti mafiosi che hanno costruito e consolidato relazioni per garantirsi una certa preminenza nella gestione degli affari illeciti al loro ritorno in campo.

Oppure accade che la detenzione crei occasioni di rivalsa in spazi vuoti di potere, per nuovi clan, che si contrapporranno in scontri anche violenti con il ritorno di capi non pentiti dopo la detenzione. Il territorio quindi rimane spazio di contesa di potere anche quando i capi clan sono arrestati, in quanto le reti di alleanza e di contrapposizioni violente continuano ad alimentarsi. Non mancano esempi territoriali virtuosi in cui, dopo aver scontato la condanna, i mafiosi non hanno più quel terreno fertile dove agire in un clima di omertà e paura.

Poiché il territorio è da considerarsi anche una spazio sociale, la mafia con i suoi tentacoli relazionali, racconta Cantone, è riuscita ad inserirsi nel contesto europeo già tra la fine degli anni 90 e i primi del 2000. In questo si esprime perfettamente il potere del capitale sociale delle mafie che travalica i confini geografici per cui nessuno Stato è esule dall’ingerenza mafiosa. “Il clan dei Casalesi investiva stabilmente in Romania, Ungheria e Germania. Stiamo parlando di solo due dei principali clan camorristici dell’area casertana, quindi è facilmente immaginabile il giro d’affari dei capitali illeciti che hanno invaso più o meno consapevolmente i paesi europei”.

Tutelare un’economia sana, lavoro, stabilità, sono antesignani e strade necessarie per combattere l’infiltrazione mafiosa tra apparati pubblici e privati. La direzione antimafia da sola non può essere confezionata come risoluzione di ogni male, ma come strumento inserito in un ampio contesto sociale ed economico sensibile a contrastare gli effetti negativi della criminalità organizzata, che ostacola qualsiasi sviluppo locale contemplabile.

I rischi di infiltrazione mafiosa

Tra il codice degli appalti e la situazione di deregulation del Ricovery Fund

Nell’ambito dell’economia legale, il Codice degli appalti rischia di essere un dissimulatore biologico per le mafie al fine di riprodursi, in quanto vengono rinvestiti proventi illeciti, e moltiplicati.

Nella dimensione economica, lo strumento per eccellenza che permette questa flusso circolare illecito è proprio il codice degli appalti per le regole e l’ostruzionismo burocratico che ne siglano i suoi aspetti critici e ne rappresentano un incentivo alla corruzione.

Ciò che sembra lecito in tal caso sono i timori che si prospettano con l’arrivo di oltre 200 miliardi di euro per il Recovery Fund. Un’occasione per l’Italia equiparabile ad una ricchezza oltre misura per le mafie. Il rischio, secondo il Procuratore Cantone, è che “sta passando l’idea che bisogna spendere senza porsi troppi problemi, considerando le regole un intralcio, come sempre. La deregulation è la situazione che le mafie preferiscono perché possono mettere in campo le loro capacità di “convincere” e cioè l’intimidazione e la corruzione.” Ciò che aggrava il caso specifico è il contesto: la crisi profonda dell’antimafia sociale che rappresenta un vantaggio per le mafie.

L’evoluzione che preoccupa l’esperto è la flessibilità che la mafia dimostra nel mimetizzarsi in ogni situazione critica; il penetrare nelle zone grigie come ombre invisibili, perché non si distingue più dalla massa. I mafiosi hanno lasciato a casa la lupara e la coppola, oggi indossano cravatte e giacche, in un pericoloso gioco di verosimiglianze e finzioni che confonde la realtà.

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